L’immaginazione è la regina del vero,
e il possibile è una delle province della verità.
Charles Baudelaire
In questo primo articolo del mio blog dedicato all’immaginazione – articolo diviso in tre parti che pubblicherò una a seguito dell’altra nelle prossime settimane – voglio iniziare proprio con una riflessione su questo termine oggi molto utilizzato sia in ambito culturale che professionale, divulgativo e perfino industriale: sto parlando della parola ibrido, che rappresenta un tema molto caro a Borges cui questo blog è dedicato.
Declinato in varie forme, soprattutto quando è utilizzato a proposito di temi di attualità (pensiamo ai veicoli ibridi), questo termine è connotato per lo più in maniera positiva dal punto di vista non solo adattativo, ma anche evolutivo e infine espansivo.
Diversi studi e ricerche – già a partire dai tempi di Darwin – hanno evidenziato sempre più come la cosiddetta “ibridazione” porti a numerosi benefici in tanti campi dell’esistenza, umana e non.
La mescolanza sapiente di elementi diversi, infatti, conduce a un arricchimento reciproco degli elementi primari e alla creazione di qualcosa di più grande della somma delle sue parti.
Un concetto che risuona appunto assai profondamente nell’opera di Borges, dove l’ibridazione di generi, stili e idee crea universi narrativi unici e sorprendenti.
Facciamo alcuni esempi.
Nell’ambito, chiamiamolo così, organico, l’ibridazione sia naturale che indotta dall’uomo favorisce ad esempio:
- la biodiversità, con la creazione di nuove varietà di specie ed ecosistemi, fondamentali per la salute del pianeta e per la sopravvivenza dell’uomo;
- l’agricoltura sostenibile, in cui l’ibridazione di piante e sementi può portare allo sviluppo di varietà resistenti alle malattie, agli stress e ai cambiamenti climatici;
- la Medicina, che, grazie all’ibridazione di molecole e tecniche terapeutiche differenti, può portare allo sviluppo di nuovi farmaci e trattamenti più efficaci.
Nell’ambito culturale, invece, l’ibridazione si esprime naturalmente in:
- una maggiore contaminazione tra le varie arti, grazie all’incontro di stili e tecniche artistiche diverse che stimolano la sperimentazione e l’innovazione;
- nuove opportunità di creare generi e format diversi all’interno della stessa tipologia artistica, ad esempio quella musicale, cinematografica, letteraria;
- forme artistiche transculturali, in cui la contaminazione e la fusione tra tradizioni diverse genera nuove forme tematiche, narrative, gastronomiche, culinarie etc…
Non a caso, in ambito sociale, ogni forma di ibridazione, anche minima, all’apparenza, può aprire nuove frontiere di:
- multiculturalismo, che, grazie alla mescolanza tra culture diverse, può generare nuove forme di espressione, arricchendo la società di nuovi punti di vista e orizzonti;
- inclusione, che, attraverso la creazione di una zona franca agibile dai diversi “mondi opposti”, può favorire l’integrazione di gruppi marginalizzati, superando i pregiudizi;
- innovazione sociale, nella combinazione di pratiche provenienti da contesti diversi che può portare a soluzioni innovative per affrontare le sfide sociali più complesse.
E tuttavia, nonostante la chiara evidenza di questi orizzonti di possibilità, se ricerchiamo le radici di questo termine, oggi così celebrato, troviamo la naturale diffidenza dell’uomo verso ciò che non conosce e il suo atavico atteggiamento di pregiudizio nei confronti di chi e cosa è diverso da sé.
Soprattutto se l’oggetto o il soggetto di tale alterità tenta di integrarsi in qualche modo nel proprio contesto di appartenenza. L’immaginazione, in questo senso, è l’incarnazione stessa dell’ibridazione.
Ma anche l’immaginazione ha il suo lato oscuro, come ci ricorda Borges nei suoi racconti, dove i sogni e le fantasie possono condurre a realtà inquietanti e labirintiche.
Ci permette infatti di uscire dai confini angusti della realtà tangibile e di entrare in spazi inesplorati in bilico tra mondi diversi, sperimentando la libertà di trascendere le categorie e le etichette, ma ci lascia soli a noi stessi nel momento in cui le dobbiamo ridefinire.
NON È TUTTO IBRIDO
CIÒ CHE LUCCICA
Non soffocare la tua ispirazione e la tua immaginazione,
non diventare lo schiavo del tuo modello.
Vincent Van Gogh
Il termine ibrido, dal punto di vista etimologico, deriva dal latino hybrida, che a sua volta trae origine dal greco hýbris, un termine complesso che indicava originariamente “eccesso”, “tracotanza”, ma anche “forza irruente”.
Da un punto di vista, chiamiamolo così, primitivo – l’ibridazione è stata ed è vissuta come qualcosa che travalica i limiti imposti, che mescola e confonde ciò che deve restare separato, generando una nuova entità sconosciuta, potente e imprevedibile, e dunque temibile.
Un’idea che ritroviamo anche in Borges, dove l’ibridazione spesso sfida le convenzioni e mette in discussione la realtà stessa, come ne “La Biblioteca di Babele”, dove l’infinita combinazione di lettere crea un universo di possibilità tanto affascinante quanto inquietante.
Ed è qui, credo, che si innesta il doppio fronte di similitudine semantica tra ibridazione e processo immaginativo.
L’immaginazione, infatti, rappresenta di default una dimensione ibrida, un territorio di confine in cui tutto quello che che è dato di partenza perde i suoi contorni nitidi, mentre ciò che è ideato e immaginato, soprattutto all’inizio del processo, non è ancora messo a fuoco e tanto meno messo alla prova.
Per questo, se è vero che l’immaginazione è il dispositivo che ci consente di creare connessioni inaspettate, di dare forma a pensieri ed emozioni altrimenti inesprimibili, è altrettanto vero che, per un certo periodo di spazio-tempo, ci allontana dalle rive rassicuranti del conosciuto senza proporre, nell’immediato, alternative altrettanto stabili e prevedibili su cui fondare le nostre aspettative.
Questo passaggio ci permette di navigare in una sorta di limbo ricchissimo sì di possibilità, ma senza le coordinate di spazio e tempo per raggiungerne nemmeno una. (Questo, in particolare, sarà il tema della seconda parte dell’articolo).
Ed è proprio questo specifico motivo, io credo, la causa per cui le pratiche immaginative non solo non vengono messe nel giusto rilievo nel comune sentire, ma molto spesso il nostro processo di educazione e socializzazione istituzionale conduce verso una proposta di adattamento spesso falsamente produttivo, finalizzato a orizzonti brevi e dunque precari, ma in ogni modo visibili e all’apparenza solidi.
Analizziamo i PRO e i CONTRO di questo passaggio intermedio nell’incertezza temporanea tipica di ogni stato di transizione.
PRO
- L’ibridazione favorisce l’adattamento, la resistenza e l’evoluzione sia degli individui che del loro habitat e delle loro comunità.
- Il superamento delle barriere esistenti apre nuove possibilità di collegamento e intersezione tra confini prima rigidi.
- L’ampliamento dell’orizzonte di visione – e dunque previsione – degli eventi mette in rete maggiori esperienze, competenze, processi e modelli in ogni ambito.
- L’evoluzione e il progresso, di cui l’ibridazione e l’immaginazione sono un motore propulsivo sia in natura che nella cultura dell’uomo, generano nuove forme di vita, pensiero e d’azione.
CONTRO
- Ogni adattamento affronta cambiamenti anche profondi e questo genera ansia e apprensione.
- L’apertura di nuove possibilità di condivisione accende anche nuovi focolai di conflitti, magari sopiti da tempo.
- Questa espansione di orzzonti e possibilità aumenta la complessità delle informazioni e dei dati da processare.
- Questo nuovo slancio verso il nuovo e il futuro genera nuove forme di vita, pensiero e d’azione, è possibile che lascino dietro di sé una scia di obsolescenza, magari solo percepita, ma comunque difficile da gestire.
E dunque, anche se il nuovo (ibridato o immaginato che sia) induce senz’altro in tentazione, molto spesso è considerato più sensato lasciare sottotraccia questo potenziale, far finta che appartenga al mondo dei sogni e concentrarsi piuttosto sulla cosiddetta realtà.
Che magari, il giorno dopo, verrà sconfessata da una crisi imprevedibile, ma intanto “va bene così”, secondo un atteggiamento che Borges avrebbe sicuramente criticato.
E siccome chi lascia la strada vecchia per la nuova sa quel che lascia ma non sa quel che trova, ecco che, quasi diabolicamente, la mancanza di immaginazione – chiamiamola così – positiva, si chiude autopoieticamente su se stessa, impedendoci di uscire dal circolo vizioso del noto e arcinoto.
Perché per poter immaginare, occorre prima di tutto… immaginare. Ed è qui che il gioco si fa difficile!
orientarsi
ancor prima che muoversi
“La ragione non sovrasta mai l’immaginazione,
mentre l’immaginazione spodesta frequentemente la ragione.”
Blaise Pascal
Quando si decide di esplorare una terra nuova, soprattutto se di frontiera, il primo passo da fare è l’essere certi che intraprendere la nuova rotta ne valga la pena.
Perché, come ci ricorda Borges, ogni esplorazione è un viaggio anche dentro noi stessi, in un labirinto di specchi in cui l’identità si moltiplica e si perde.
Certo: in contesti e situazioni in cui il cambiamento è indispensabile per sopravvivere o è causato da forti pressioni esterne, la spinta è tale da rompere ogni indugio. Ma quando ci si trova in una situazione di relativa quiete, magari apparente, in cui non si percepisce né un’istanza di evoluzione né un desiderio di cambiamento, le cose cambiano.
Qui occorre mettere in campo, per lo meno all’inizio, una netta volontà di esplorazione, una sorta di intenzione volontaria di cambiamento.
In questo senso, esistono certamente nature più avventurose o più curiose di altre, ma in fin dei conti l’attrazione per l’ignoto fa parte delle caratteristiche della nostra specie, anche se è vero che, per desiderare di modificare qualcosa nella propria routine e mettere in crisi lo status quo, occorre una certa sicurezza di sé.
Come i personaggi di Borges, sospesi tra sogno e realtà, dobbiamo trovare il coraggio di affrontare il nostro doppio, di accettare l’identità sfuggevole che ci caratterizza.
Ma, visto che stiamo parlando di immaginazione, ancor prima che di cambiamento, vorrei fare il punto su questioni potenzialmente ambigue e molto importanti in termini di propensione al cambiamento.
Una certa resistenza a immaginare possibilità differenti da quelle canoniche è per certi versi comprensibile. Siamo in una fase di ideazione, è vero, e quindi tutto – in teoria – accade a un livello in cui non ci sono conseguenze dirette nel mondo esterno.
Tuttavia, l’immaginazione non è un processo puramente immateriale e senza conseguenze per quanto ci riguarda. Anzi, essa coinvolge profondamente i nostri sensi, il nostro intelletto e le nostre emozioni, generando cambiamenti tangibili nel nostro vissuto interiore.
Di conseguenza ci confrontiamo con parti di noi che non conosciamo, con i nostri limiti e le nostre aspirazioni. Ma è proprio in questo specifico “confine” che possiamo testare, modulare e rimodulare le nostre idee, esplorando diverse possibilità e scenari senza correre rischi concreti.
Questa “palestra” interiore ci permette di prepararci al cambiamento, affinando le nostre scelte e riducendo l’incertezza quando decideremo di agire nel mondo reale.
Si tratta di un processo doppiamente positivo. Da un lato, in fase di ideazione, questa attività non produce effetti immediati e magari irreparabili nella realtà esterna; dall’altro non si tratta di un tempo perduto in inutili, fantasticherie, ma porta in sé un valore di crescita ed evoluzione, proprio perché l’immaginazione è in grado di modificare noi stessi mentre la viviamo.
È un viaggio nel tempo, proprio come quelli narrati da Borges, dove il passato si intreccia con il futuro e il sogno diventa realtà.
Vediamo come e dove.
i regni dell'immaginazione
- Il Corpo e la Mente
L’immaginazione nasce dall’interazione tra il nostro corpo fisico e la nostra mente. Le sensazioni corporee, le emozioni, i ricordi e le esperienze si fondono con i pensieri, le idee e le aspirazioni, generando immagini mentali vivide e significative.
- La Razionalità e le Emozioni
L’immaginazione non è solo un processo logico e razionale, ma è alimentata anche dalle nostre emozioni, dai nostri desideri e dalle nostre paure. La creatività nasce spesso dall’incontro tra la mente analitica e il cuore appassionato.
- Il Tempo e lo Spazio
L’immaginazione trascende i limiti del tempo e dello spazio. Possiamo rivivere il passato, proiettarci nel futuro, esplorare mondi lontani e creare universi paralleli. Il tempo dell’immaginazione è un tempo fluido e reversibile, dove passato, presente e futuro si intrecciano in un eterno presente.
- Noi e gli Altri
L’immaginazione, grazie alla sua proprietà di esplorare un ventaglio di punti di vista, sguardi empatici e immedesimazione negli altri e nelle loro aspettative, permette sia di sintonizzarsi con le aspettative sociali che di rispettare le nostre.
- Le Arti e gli Artefatti
L’immaginazione ibrida per sua natura ogni status quo dell’Uomo (in quel luogo e in quel momento) con il potenziale sia artistico e simbolico che tecnico e tecnologico che, grazie all’ambiente e alle sue conoscenze, riesce a intuire e ideare. Valeva per il fuoco migliaia di anni fa e vale oggi e domani per l’IA in ogni sua declinazione.
IN CONCLUSIONE
Sempre caro mi fu quest’ermo colle,
E questa siepe, che da tanta parte
Dell’ultimo orizzonte il guardo esclude.
Giacomo Leopardi
L’immaginazione, da qualsiasi punto di vista la si osservi, è una risorsa che ci permette di crescere, di evolvere e di costruire un futuro migliore.
Coltivarla e allenarla in tutte le sue forme e ibridazioni, è fondamentale per realizzare il nostro pieno potenziale come individui e come società.
Da quanto abbiamo visto – anche tenendo conto dei rischi che possiamo percepire rispetto a ogni istanza di cambiamento – non spendere bene le proprie possibilità immaginative rappresenta una perdita sì all’inizio solo potenziale, ma che può avere conseguenze immanenti negative e pervasive in ogni momento della nostra vita.
Questo, a maggior ragione in tempi e contingenze complesse come sono le nostre in questo momento in quanto umani, alle soglie, come siamo, di cambiamenti che ci hanno solo fatto sentire qualcosa di sé, ma che presto si staglieranno all’orizzonte in tutto il loro potenziale dirompente.
E in cui, più che conoscere l’attualità del mondo presente, occorrerà saperlo vedere anche in prospettiva. Perché come ci insegna Albert Einstein: “La logica vi porterà da A a B. L’immaginazione vi porterà dappertutto.”
Ed ora, a proposito di futuro – immanente o imminente che sia – vi dò appuntamento tra due settimane, alla seconda parte di questo articolo, in cui approfondiremo il valore di questo “limbo” intermedio e ibrido del processo immaginativo, e poi alla terza parte, ancora più avanti, in cui parleremo più in specifico di un tipo preciso di ibridazione, quella tecnologica, un labirinto di possibilità che ci sfida a trovare la nostra strada.
Infine, a conclusione di questo set di articoli, condividerò una sorta di gioco che in realtà è un semplice esercizio per cercare di vedere come la soglia del cambiamento può essere vissuta, percepita, immaginata e cambiata secondo i nostri più reconditi marker emotivi e le nostre inconfessate aspettative sul futuro.
Un gioco di specchi, come quelli amati da Borges, in cui potremo finalmente incontrare il nostro doppio e accettare la nostra identità sfuggevole.
A presto,
Natalia
Ibridazione culturale:
- Kwame Anthony Appiah – Cosmopolitanism: Ethics in a World of Strangers.
- Homi K. Bhabha – The Location of Culture.
Ibridazione organica:
- Charles Darwin – L’origine delle specie.
- Norman Borlaug – The Man Who Fed the World.
Ibridazione tecnologica:
- Ray Kurzweil – The Singularity Is Near.
- Kevin Kelly – What Technology Wants.
Altre fonti rilevanti:
- UNESCO – Diversità culturale: La pagina dell’UNESCO dedicata alla diversità culturale offre risorse e informazioni sul tema.
- World Economic Forum – The Fourth Industrial Revolution: Il sito del World Economic Forum offre approfondimenti sulla quarta rivoluzione industriale e sull’impatto dell’ibridazione tecnologica.